Tony Driver
1 settembre 2020, ore 21:30 – Fortezza Vecchia, Livorno
Regia di Ascanio Petrini.
Con Pasquale Donatone.
Commedia drammatica, – Italia, Messico, 2019, 73 minuti.
Pasquale un giorno decide di cambiare nome e farsi chiamare Tony. Perché sebbene nato a Bari, a 9 anni, a metà degli anni Sessanta, vola oltreoceano con la famiglia e cresce da vero americano. Tassista di professione a Yuma, viene arrestato a causa del suo “secondo lavoro”: trasportare migranti illegali negli Stati Uniti attraverso la frontiera messicana. È così costretto a scegliere: la galera in Arizona o la deportazione in Italia. Rientrato in Puglia, si ritrova a vivere solo in una grotta a Polignano a Mare e guarda l’Italia come un piccolo Paese immobile, senza opportunità e senza sogni. Ma Tony non è disposto ad arrendersi…
Un po’ di anni fa Ivano Fossati cantava “Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro”.
Oggi il maledetto muro che Pasquale (che si sente Tony) ha piantato nella testa è quello che Donald Trump vorrebbe sempre più lungo e sempre più impenetrabile: quello alla frontiera tra Messico e Stati Uniti.
Ascanio Petrini al suo primo lungometraggio ha saputo tradurre in immagini da grande cinema l’incontro con quello che è sicuramente un Personaggio (con la maiuscola necessaria) nel senso più completo del termine. Con un volto che ricorda quello di Harry Dean Stanton e con un senso di appartenenza che nulla sembra poter vincere, Tony permette al regista di costruire un ritratto che potremmo definire ‘alla Minervini’ senza con questo voler nulla togliere alla sua originalità di sguardo. Perché questo driver non è un santo.
Spacciava droga e conserva una considerevole dose di disprezzo razzista sia verso gli afroamericani sia verso i messicani. Quello che emerge con forza, nell’analisi che una camera che occupa tutto lo schermo e cita a distanza il Woody Guthrie di This Land is Your Land ci propone, è una personalità complessa. Siamo davanti a un uomo che si avverte per la prima volta come diviso in due: da una parte un Paese che non sente e non ha mai sentito come proprio (l’Italia) che potrebbe in qualche modo accoglierlo e dall’altra quello dal quale vorrebbe essere amato (così come dai figli) che invece lo rifiuta. Nel suo atteggiamento, nella sua rabbia, nella sua voglia di sormontare ostacoli che un sano realismo gli dovrebbe presentare come insormontabili Pasquale è Tony.
È americano fino al midollo e Petrini, scavando nelle rughe del volto di un uomo che a 53 anni si ritiene ‘vecchio’, ci sollecita delle domande sapendo che non dimenticheremo facilmente questo