Alice e il sindaco

24 e 25 agosto 2020, ore 21:30 – Fortezza Vecchia, Livorno

Regia di Nicolas Pariser.
Con Fabrice Luchini, Anaïs Demoustier, Nora Hamzawi, Léonie Simaga, Antoine Reinartz
Commedia- Francia, 2019, 103 minuti.

A qualche mese dalle elezioni municipali, il sindaco di Lione non ha più idee. Dopo trent’anni di vita politica è come svuotato. In suo soccorso, l’entourage comunale recluta una giovane normalista. Il ruolo di Alice Heimann è rigenerare la capacità di pensare del sindaco e la visione necessaria all’azione politica. Introdotta nel cerchio della fiducia, Alice rivela un’agilità innata per la ‘cosa politica’ fornendo carburante alla macchina municipale. E la macchina riparte ma gli scossoni e i sobbalzi non tarderanno a costringerla alla sosta forzata.

Rivelato nel 2015 da un thriller politico paranoico e promettente (“Le Grand Jeu”), Nicolas Pariser si impone con “Alice e il sindaco” come il regista per eccellenza del film politico francese.

La politica, reale o sognata, diventa il terreno di (gran) gioco di un autore audace e ispirato, erede di Rohmer, a cui l’ultimo film fa esplicitamente riferimento. Ammiratore del suo cinema, Nicolas Pariser segue studente un corso del regista alla Sorbona a cavallo del ventunesimo secolo e dimostra la sua ammirazione nel titolo, omaggio limpido a un classico di Éric Rohmer, “L’albero, il sindaco e la mediateca”. Commedia filosofica sulla ruralità, l’ecologia e le manovre politiche, il film di Rohmer ospitava un giovane Fabrice Luchini, non ancora sindaco socialista (interpretato da Pascal Greggory) ma insegnante nel cuore della Francia rurale.

Lontano dal fare della politica un uso funzionale, gioco di sosia o semplice motore per commedia o thriller, Pariser opta per la frontalità del reale. “Alice e il sindaco” rende conto di un consiglio comunale, delle forze di potere in gioco ma soprattutto del consolidarsi della relazione filiale tra una giovane normalista e un sindaco consumato. Attraverso la loro interazione, il regista affronta la natura e l’etica della politica, intesa come amministrazione del bene pubblico coerente a un sistema di valori.

Nell’arena politica schiera una giovane donna di lettere, disorientata davanti a un mondo politico che naviga a vista e cerca nella sua giovinezza un po’ di carburante per ravvivare la fiamma, e un vecchio lupo, un sindaco in crisi che rappresenta tuttavia l’utopia di un governante (ancora) illuminato.

Se lo stile sobrio di Anaïs Demoustier elude lo stereotipo della generazione Y, appassionata delle nuove tecnologie ma smarrita nel mondo a dispetto degli studi brillanti, Fabrice Luchini non si limita a mostrare quello che è l’incarnazione di un’istituzione, con tutta l’autorità di cui necessita, ma restituisce una sorta di spossatezza che si confonde con la sua volontà di controllo.