L’apprendistato

29 e 30 giugno 2020, ore 21:30 – Fortezza Vecchia, Livorno

regia di Davide Maldi
con Luca Tufano, Mario Burlone, Lorenzo Campani, Enrico Colombini, Cristian Dellamora.
Drammatico, Italia – 2019, 84 minuti.

Il quattordicenne Luca, cresciuto in alta montagna, tra caccia e mungitura, viene spinto dalla famiglia a intraprendere la professione di cameriere di hotel. Si iscrive quindi a una scuola alberghiera estremamente rigida, dove l’insegnamento della professione si accompagna a quello educativo e disciplinare. 
Si colloca in quella zona grigia che divide il documentario dal cinema di finzione L’apprendistato, secondo una tradizione che nel cinema italiano – da Pietro Marcello ad Alice Rohrwacher, passando per Alessandro Comodin – ha preso sempre più corpo negli ultimi anni. 

Ossia ibridare caratteristiche di un genere – veridicità di fronte alla macchina da presa, assenza di sovrastrutture che falsifichino l’oggetto della narrazione, presenza/assenza del regista – e dell’altro – una sceneggiatura che conduca la narrazione verso un esito ben preciso, atteso e non spontaneo – per ottenere un’opera di difficile collocazione ma dall’ispirazione fortemente contemporanea. 

Il lavoro di Davide Maldi si concentra su questo equilibrio apparentemente precario, dimostrando, al secondo lungometraggio, di saper già dosare sapientemente gli ingredienti a disposizione. È chiaro ben presto che il protagonista di L’apprendistato sia Luca Tufano e che non lo sia per caso, ma Maldi trasmette comunque una sensazione di fedeltà e attenzione al dettaglio di stampo documentaristico nel ritrarre l’austera scuola alberghiera. 

Per farlo si serve di scelte di regia anche ardite, come le teste degli allievi lasciate sovente fuoricampo nell’incipit, per forzare l’attenzione dello spettatore sulla divisa e aiutarlo a leggere, attraverso la divisa, la difficile psicologia dei ragazzi in divenire. 

Il fatto che una sceneggiatura ci sia, quindi, diventa quasi un dettaglio, nel racconto di formazione peculiare che accompagna Luca verso la crescita. L’atteggiamento quasi scontroso di chi rifiuta di concentrarsi, per dispetto o per paura di essere inadeguato, lascia gradualmente il posto a un altro approccio alle sfide della vita: ma è una lezione appresa attraverso microtraumi, secondo una disciplina che per rigidità e rispetto dei dogmi ricorda il rosso e il nero dell’epoca di Stendhal, in cui caserma o seminario erano i percorsi ideali per emanciparsi professionalmente, se di umili origini. 

La scuola è collocata in una dimensione atemporale, in continuità con il luogo di provenienza del protagonista, cresciuto come una creatura selvaggia, per nulla avvezza a interagire con altri membri della propria specie. Solo il racconto delle battute di caccia sembra infatti smuovere Luca sul piano emozionale, anello inconsapevole di una catena che obbedisce a un ciclo naturale, e insieme perverso. La macchina da presa di Maldi si sofferma su un punto d’arrivo quasi inevitabile di questo loop: gli orribili animali impagliati assiepati in una stanza dell’istituto, su cui è quasi ovvio tracciare parallelismi invisibili con la condizione dei protagonisti del film. 

Ad incrementare lo stato persistente di tensione inesplosa è la colonna sonora di Freddie Murphy e Chiara Lee, ex Father Murphy, che accompagnano con fasi quasi ansimanti le inquietudini di Luca, di fronte alle scelte della vita e all’oscuro disegno che la provvidenza ha in serbo per lui.

Emanuele Sacchi – mymovies.it